Ad Agosto 2014, abbiamo percorso l’Islanda dalla Penisola di Snæfellsnes ad Ovest, fino ad Höfn a Sud-Est, facendo tappe e deviazioni diverse all’andata e al ritorno, molte delle quali fuori dal classico itinerario sulla Ring Road: per me la chiave per entrare a contatto con l’anima di questa meravigliosa isola, è stata quella di andare nelle zone meno battute, oppure nel vedere posti irrinunciabili evitando le ore di punta.
Indicati in giallo, i punti fissi del percorso: gli ostelli/appartamenti condivisi in cui abbiamo pernottato.
Ecco quindi il nostro itinerario in breve, in un mix di informazioni ed emozioni.
Dopo aver preso l’unico volo low cost Roma-Londra senza applauso all’atterraggio, siamo pronti a ripartire dalla capitale inglese verso quella islandese. L’arrivo a destinazione questa volta è un allunaggio: una sola ora e mezza di volo ci ha condotti direttamente su un altro pianeta, totalmente incontaminato.
Visto che è di strada, ne approfittiamo per rilassarci nelle acque geotermali della Blue Lagoon, l’attrazione più turistica (e costosa) d’Islanda, che ci dà davvero soddisfazione. Questo perchè eravamo all’inizio del nostro primo viaggio su quest’isola:quando scoprirete che l’Islanda ha piscine e angoli molto più autentici da offrire, depennerete la Laguna Blu dalle esperienze imperdibili.
A questo proposito vi consiglio di leggere:
Rifocillati e soddisfatti, ci dirigiamo verso Reykjavik, scoprendo che l’appartamento che abbiamo affittato è ancora più “islandese” di come ce lo aspettavamo: una meravigliosa casetta in lamiera piena di libri e piccoli dettagli per renderla accogliente durante i rigidi inverni di quassù. Approfittando della luce perenne di metà agosto, passeggiamo per la città più a nord del mondo, che ha un’atmosfera davvero unica per noi che viviamo circa 30 paralleli più a sud. Un tramonto che per me fino al giorno prima era replicabile solo su un dipinto, ci dà la buonanotte alle 23.30 di sera.
Alla capitale islandese ho dedicato un articolo sul mio blog, corredato anche da qualche consiglio pratico:
Oggi la nostra giornata islandese inizia con il whale watching: per questa esperienza abbiamo scelto la Elding, una compagnia sostenibile il cui motto è “See us, don’t eat us!”. Le premesse ci stavano tutte, ma di balene neanche l’ombra: il mio primo incontro con l’Atlantico settentrionale non si rivela tra i più piacevoli, tra mal di mare e vento freddo che mi attraversa le ossa. Questo mancato avvistamento, ci dà la prima e perpetua lezione dell’Islanda: è la natura a decidere, non l’uomo! Per fortuna possiamo usufruire di una seconda possibilità, che decidiamo di conservarci per il nostro ritorno qui, nel giro di una settimana. Prima di iniziare il nostro selvaggio on the road, salutiamo Reykjavik visitando il suo museo più rinomato: l’ 871±2, che prende il nome dalla data di colonizzazione dell’isola, e racconta la storia dell’Islanda in un connubio perfetto tra archeologia e tecnologia. Ci avventuriamo verso nord per raggiungere la misteriosa Penisola di Snæfelsnes, e per scoprirla pian piano percorrendola in senso antiorario. Si tratta di un posto magico, che per me è un compendio delle bellezze d’Islanda: sto parlando di vulcani, di lava crepitante e di ghiacciai, di paesaggi fantasye di pozze geotermali…di silenzi.
Questi due incredibili giorni nell’Islanda dell’Ovest, li ho raccontati qui:
Oggi ci svegliamo ad Akranes, e qui l’omino dell Ice Rental sostituisce la nostra Skoda Octavia con un bel Jeep-one per percorrere le piste più impervie. Il nostro programma giornaliero prevedeva il famoso circolo d’oro, costituito dalla triade:Thingvellir (sede dell’antico parlamento vichingo e della fenditura oceanica), Strokkur (l’incredibile geyser) e dalla cascata diGodafoss, ma noi quest’ultima ce la siamo persa.
Abbiamo utilizzato a pieno la nostra jeep avventurandoci nella meravigliosa Islanda dell’entroterra, quella più inesplorata, in cui non era possibile scorgere nessun altro essere umano a parte noi, nonostante non ci fossero limiti visivi per chilometri e chilometri.
Della piega inaspettata, emozionante ed avventurosa che ha preso il nostro circolo d’oro, ne ho parlato in quest’altro articolo:
Il vento in Islanda è un compagno di viaggio perenne, ed in questo giorno mi si era palesato soffiandomi via il cappello che avevo indosso: quando vivi questi episodi, smetti di prendere in giro gli islandesi che credono negli elfi!
Visitare questo posto incredibile, è una fortuna di pochi: è raggiungibile solo d’estate, con una jeep, e quando il meteo lo consente, cosa non scontata su quest’isola. Noi siamo tra quei pochi eletti: riusciamo a raggiungere queste montagne variopinte addentrandoci in un paesaggio lunare disabitato e guadando quattro fiumi, tra laghi azzurri, cavalli islandesi e pecore sperdute. Ho sempre i brividi quando ci ripenso: quando vi troverete davanti a meraviglie del genere, stenterete a credere ai vostri occhi.
Per non parlare della sorgente geotermale immersa nella natura incontaminata! Come dite? Volete andare in Islanda per laBlue Lagoon? Direi che non ci siamo.
Oggi ci svegliamo in una guesthouse più isolata che mai: siamo a Hvsvoellur non lontano dal vulcano Ejafjallajökull, quello che con la sua eruzione nel 2010 ha paralizzato i voli di mezza Europa.Per fortuna il meteo è dalla nostra anche oggi, per cui possiamo dirigerci sulla costa, e trovare un traghetto in partenza per l’arcipelago di Vestamannaeyjar. Nel giro di mezz’ora ci troviamo in questa -affollatissima- isoletta in cui vivono il 30% dei puffin del mondo! Dopo qualche hiking, di questi uccellini neanche l’ombra, per cui non ci rimane che affidarci alla “Viking Tours Excursion”, con la speranza di incontrare i nostri amatissimi puffin a largo sui faraglioni. Finalmente ne avvistiamo in quantità spropositate: hanno un modo di volare buffissimo, ma senza un teleobiettivo o un binocolo ci rimane impossibile vederli da vicino. I momenti memorabili di questa escursione, alla fine sono stati altri: l’avvistamento di una pecora solitaria su un faraglione (ma chi ce l’ha portata lì?! :D) ed il capitano della barca che ha concluso la navigazione suonando magistralmente il sassofono!
Dopo l’ennesima piega inaspettata, ci dirigiamo verso una di quelle attrazioni imperdibili: la cascata di Seljalandsfoss, un velo nuziale fatto d’acqua. Io mi sono sentita la persona più fortunata del mondo, mentre camminavo come un ninja nello strettissimo passaggio celato dalla cascata, invece la mia fotocamera ha sofferto parecchio, dati gli schizzi d’acqua.
Dopo aver recuperato la mandibola, ci dirigiamo a Vik (le cui scogliere di Dryholaey sono un altro punto di avvistamento puffins) e neanche qui riusciamo in questo incontro ravvicinato, solitamente possibile o all’alba o verso le 19-19.30. Ma quando hai davanti una spiaggia di sabbia nera con tre faraglioni che non sono altro che tre troll tramutati in pietra, che importa?! La cittadina vera e propria, invece, non mi ha regalato emozioni forti come tutto il resto dell’isola, ma mi ha lasciato un ricordo tangibile dell’Islanda: un caldissimo ed adorabile cappello in lana islandese, comprato a meno di 20 euro in un piccolo supermercato! Ma il bello doveva ancora venire: sto parlando degli spettrali deserti di sabbia nera – le cosiddette terre di nessuno – e della laguna glaciale di notte.
L’emozione è stata talmente forte, che a queste poche ore ho dedicato un intero articolo:
L’emozione più grande di oggi, è stata quella di camminare su ghiacciai che ricoprono vulcani attivi, ma questo mi ha anche turbata parecchio: oggi abbiamo toccato con mano gli effetti del riscaldamento globale, tra laghi glaciali che avanzano, e ghiacciai che si restringono.
Ne ho parlato qui:
Anche oggi l’Islanda supera di gran lunga le nostre -elevatissime- aspettative. Arcobaleni, cascate e vallate che pensavo potessero esistere solo in un film fantasy o in fotografie fintissime, sono realtà, e si trovano a Skógar. Di questa perla ho parlato qui:
La fiaba termina alle 17.00 del pomeriggio: dobbiamo recuperare il nostro mancato avvistamento balene a Reykjavik! Dopo aver attraversato mezza Islanda sud, eccoci di nuovo in mezzo all’Oceano, che questa volta ci presenta alcuni dei suoi abitanti: i delfini, la coda di una milky whale, ed i nostri tanto sospirati puffin! Inutile dire che gli uccellini dal becco arancione erano quelli in cui speravo di più.
Dopo la cena nella nostra guesthouse, ci introduciamo nei locali notturni della capitale, che non sono affatto da sottovalutare. La nostra ultima serata islandese la spendiamo in un rock bar dal clima vivissimo, in cui proviamo anche del whisky locale: diciamo che il tasso alcolico era più memorabile del sapore…
La nostra ultima mattina qui, la passiamo in aeroporto: un islandese ci aveva intimato di arrivare molto presto, dicendoci che avremmo trovato tanta gente, dato che i voli partono tutti alla stessa ora; dimenticavamo che la percezione di”folla” e di “tempo” degli abitanti di questa isola, è ben diversa dalla nostra: per loro un aeroporto con più di quattro persone, è un aeroporto affollato. Il vero motivo per cui conveniva muoversi un anticipo, era l’ordinazione al bar: ci mettono un’ora a preparare un caffè, per quanto sono lenti e rilassati! Ma noi gli vogliamo bene anche per questo.
Arriva quindi il momento del viaggio che ancora non mi va giù: il volo del ritorno e l’atterraggio nella frenesia metropolitana.
Valeria